Editoriali

Un tram chiamato desiderio... o utopia? - 25/10/16

Rubiamo il titolo dal lavoro teatrale di Tennessee Williams per una vicenda che certamente non ha le tinte drammatiche di quell'opera, ma rischia oramai di suscitare ugualmente un sentimento di sconsolata amarezza. Da quanto tempo si parla di tram a Genova, a cominciare dalla Val Bisagno? Ricordiamo la "cura del ferro" strombazzata da Marta Vincenzi già nel 2006 durante la campagna elettorale; ma durante il suo mandato, dal 2007 al 2012, le uniche iniziative degne di menzione sono state il progetto FITU di AMT - TRANSDEV, di fine 2008, ed il lancio di un "percorso di partecipazione" nel 2011.

Quest'ultimo nacque come diretta conseguenza del convegno "Un tram per la Val Bisagno - le ragioni di un sì" organizzato nel 2010 dalla nostra ed altre associazioni di volontari; l'iniziativa, nata quale momento di rilancio della proposta tranviaria in Val Bisagno in risposta alle forti proteste del territorio avverso un'ipotizzata busvia, conobbe un indubbio successo: tutti, Sindaco, politici, vertici di AMT, esponenti dei comitati e delle associazioni del territorio, lasciarono la sala con l'intendimento condiviso che quella del tram era la via giusta per la Val Bisagno, e che questa si sarebbe seguita.

Il "percorso di partecipazione" organizzato da "Urban Center" (Comune di Genova), coordinato da qualificati rappresentanti dell'Università di Genova e supportato da vari enti territoriali ed associazioni, tra cui l'Associazione Metrogenova, ufficialmente invitata quale primario portatore di interesse, costituì il primo serio tentativo di progettualità, fissando alcune linee guida che avrebbero dovuto costituire i capisaldi del progetto: tram classico, tracciato da Prato a Brignole in sponda destra, collocazione all'nterno dei nuclei abitativi per maggiore fruibilità e occasione di riqualificazione. Venivano anche segnalate le maggiori criticità da valutarsi in seguito: impatto soste e parcheggi, accessibilità veicolare per le attività produttive e problemi per la cantierizzazione. QUI il documento conclusivo. Eravamo nel giugno del 2011: dopo ben cinque anni, in questo 2016, ecco da Comune e AMT un nuovo studio sul mezzo pubblico per la Val Bisagno. Un lavoro tutto sommato corretto e condivisibile nel processo seguito, anche se non abbiamo modo di verificarne l'esattezza dei dati, non avendolo potuto esaminare nei dettagli, che affronta il tema in modo analitico e quantitativo; esso esamina tutti i vari aspetti (quantificazione della domanda, tempi di percorrenza, tracciato, impatti sui parcheggi e la viabilità, costi e tempi) per delineare una soluzione basata su di un unico tracciato e tre diversi mezzi: tram da 32/33 metri, filobus o autobus, entrambi nella versione da 24 metri. Ora, pur apprezzando questo lavoro, non si può non stigmatizzare il fatto che ci sono voluti 5 anni dal percorso partecipato, 8 anni dal pur pregevole FITU e ben 10 anni dai primi proclami di cura del ferro di Marta Vincenzi, per arrivare all'ennesimo studio di fattibilità, senza alcuna consolidata ipotesi di copertura finanziaria.


Fotomontaggio in zona Staglieno (fonte sitramgenova.it)

Al di là delle più che motivate critiche di inerzia che si possono muovere ai nostri amministratori, noi crediamo ci siano alcune criticità di fondo che non sono mai stati sufficientemente chiarite e possono condizionare in maniera determinante il futuro della mobilità in Val Bisagno.

1) Il percorso partecipato: è stato considerato per molto tempo ed è tuttora per molti un punto di arrivo, con conclusioni definitive ed immutabili. In effetti, si tratta invece di un punto di partenza, un buon punto di partenza che esprime attraverso linee guida i desiderata ottimali del territorio e dei portatori di interesse che vi hanno contribuito; ma è prassi in ogni buon progetto che il requisito nominale, ovvero il desiderabile, venga incrociato con valutazioni analitiche e quantitative di fattibilità tecnica ed economica, esaminando se esistenti tutte le possibili alternative, per giungere alla soluzione ottimale sotto tutti i punti di vista. Nel percorso partecipato queste valutazioni mancavano, non per trascuratezza ma semplicemente perché non era obiettivo del lavoro; in particolare non veniva affrontato organicamente l'aspetto dei costi, quello dei tempi e, soprattutto, mancava un'analitica valutazione di possibili alternative su tracciato e mezzo. Tutte cose da fare immediatamente dopo la conclusione del percorso partecipato, ma ci sono voluti 4 anni (2015) per metterci mano e 5 (2016) per delle pur preliminari conclusioni.

2) La questione dell'allargamento della sede stradale: già dal convegno del 2010 e dal percorso partecipato veniva dato per scontato che, nell'ambito degli interventi per mettere in sicurezza idraulica il Bisagno, si sarebbe realizzata l'arginatura in sponda ds nei tratti da Staglieno a San Gottardo attualmente privi di argine e che questo avrebbe consentito un allargamento della sede stradale consentendo la corsia dedicata al mezzo pubblico senza interferenze con scorrimento e sosta dei mezzi privati. Questo fece sì che nei primi anni di questa amministrazione molti studi e progetti, anche di buona qualità, fossero dedicati a questo tema, salvo poi constatare che la decisione di sbloccare il progetto dello scolmatore rendeva tali interventi non più necessari o, quantomeno, procrastinati molto al di là nel tempo. Nel frattempo, si è sottratto tempo prezioso ad un serio lavoro di sviluppo del progetto tranvia, come detto ripreso solo nel 2015. Se ben ricordiamo, il coro unanime di consensi all'operazione tram al convegno del 2010 da parte dei comitati anti-busvia era certamente legato alla scelta del mezzo (un tram appariva più innovativo ed attrattivo dei familiari autobus) ma anche e riteniamo soprattutto al fatto che si dava per scontato che un allargamento della strada avrebbe scongiurato le temute forti limitazioni al traffico privato e, soprattutto, ai parcheggi e alla sosta, mantenendo possibile quella in doppia fila, tanto cara a molti commercianti. Quali saranno le reazioni nel territorio di fronte a questo cambio di scenario?

3) I finanziamenti: anche qui non è difficile affermare che le amministrazioni che si sono succedute in questi dieci anni non abbiano certo brillato per risultati. Si fa spesso il paragone con altre città, Firenze, Palermo, Padova ecc. dove il progetto tram è stato felicemente portato avanti ed i finanziamenti sono puntualmente arrivati, ma c'è una differenza di fondo riconducibile ad una chiarezza di idee e ad una programmazione che loro hanno mostrato e da noi è mancata: lì si è puntato dall'inizio sul tram, e solo sul tram, mentre noi.. Abbiamo scelto di fare una metropolitana, per la quale abbiamo chiesto ed ottenuto pur con fatiche i finanziamenti, poi abbiamo gettato via quelli già concessi per l'estensione a Marassi e ora ne richiediamo altri per San Fruttuoso; abbiamo realizzato, pur essa finanziata, una filovia, poi gestita malissimo e anche qui siamo riusciti a perdere i finanziamenti già approvati per un'estensione in Val Bisagno, senza contare le divagazioni su bizzarrie quali il Phileas o improbabili people mover e funivie. Ora che il Comune sta probabilmente avanzando richieste di finanziamento per i 250 Mni di Euro per il progetto tram in Val Bisagno, non sembrerebbe strano che qualcuno, a Roma, domandasse: "Amici, avete avuto finanziamenti per la metro, e altri ne chiedete anche ora, poi avete voluto il filobus, anche qui con finanziamenti pubblici, ora chiedete soldi per il tram: ma ci fate capire qual è per Genova il vettore elettrico su cui puntate?"

In conclusione: riconfermiamo che per l'Associazione Metrogenova, come riteniamo per chiunque, il tram in Val Bisagno e altrove rappresenta il mezzo ideale per affiancare la metropolitana e la spesso dimenticata ferrovia urbana, sostituendo gradatamente il filobus. Tuttavia, per quanto detto sopra (lentezza nel percorso decisionale e progettuale, rischi di rigetto dal territorio - non solo per il tram, difficoltà a reperire i finanziamenti per la soluzione più onerosa) crediamo che la strada non sia affatto facile. Inoltre secondo il Comune la domanda di trasporto pubblico sarebbe in calo; può pure essere, ma è prevalentemente conseguenza della riduzione del servizio, visto anche l'aumento esponenziale degli scooter negli ultimi anni, e toccherebbe proprio ad un nuovo trasporto pubblico di qualità recuperare utenza. Resta tuttavia il fatto che, anche con argomentazioni come questa, esiste il rischio concreto che allungando ulteriormente i tempi si finisca poi per non farne nulla. Quindi la domanda è: se i finanziamenti per il tram in Val Bisagno non si riescono ad ottenere oggi continuiamo ad attendere, magari altri 5 anni sperando che un giorno le cose si sblocchino, oppure valutiamo soluzioni alternative meno onerose e più rapidamente percorribili? Noi ci auguriamo che il progetto tram in Val Bisagno trovi già ora i finanziamenti necessari e che possano essere rimosse tutte le altre criticità sopra indicate. Ma se così non fosse è forse meglio cercare e valutare delle alternative: non vorremmo infatti che attendendo oltre quel desiderio di tram si tramutasse in un'utopia.


prec. | succ.
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